IL FEGATO, TRA METAFORE E PSICHE

IL FEGATO, TRA METAFORE E PSICHE
Prometeo, il cui nome significa “colui che pensa prima”, era un Titano buono che amava gli uomini e per loro sfidò l’ira di Zeus, il re e padre degli uomini e degli dei della mitologia greca. Rubò il fuoco e lo portò agli uomini perché ne potessero usare. Zeus, già ingannato in passato da Prometeo in favore dei mortali, s’infuriò a tal punto che lo punì facendolo incatenare nudo a una roccia con lacci d’acciaio e inviando un’aquila che gli divorava il fegato, che però ogni notte ricresceva. Finché Ercole, passando per caso di lì, non uccise l’aquila con una freccia e lo liberò.
Possiamo dire che Prometeo “aveva del fegato” avendo osato sfidare Zeus.
Fuor di metafora, possiamo dire che il fegato rappresenta, nell’immaginazione collettiva, il coraggio che agisce, la forza vitale che ricresce continuamente, la fabbrica e il deposito dell’energia, trasforma il nutrimento in energia e lo rende disponibile per le cellule, ci dà la forza per superare i momenti critici della vita, per rinnovarci, simbolo di sacrificio e di purificazione.
Prometeo aveva lottato per dare ai mortali il cibo e il fuoco, mettendo a rischio la propria vita. La vicenda di Prometeo ci dice anche che questo fegato, per quanto tenda a riprodursi, può anche venire distrutto, vedi il detto “mangiarsi il fegato”.
Prometeo era un Titano buono: sono gli uomini buoni e coraggiosi quelli che si rovinano di più il fegato?
“Mangiarsi il fegato” è spesso associato a “mangiare rabbia”: l’ aggressività fa male al fegato? Quella che non può essere né espressa e/o agita, né trattenuta ed elaborata con il pensiero. E’ la rabbia impotente, non accettata realisticamente che fa male, metaforicamente mangia il fegato, in realtà danneggia tutta la persona, corpo e mente.
Questo succede a volte a persone buone e altruiste nel loro comportamento, ma che dentro di loro covano tanta rabbia, della quale spesso non sono neppure consapevoli, che non osano esprimere, né a parole, né con i fatti (per fortuna), ma che non possono neppure pensare, cioè che non sanno trasformare un’emozione, anche violenta, in un pensiero. Possiamo elaborare, digerire, metabolizzare i pensieri, mentre è molto più difficile per le emozioni finché restano emozioni grezze. Imparare a gestire le proprie emozioni ci aiuta a salvare il fegato.
Se le emozioni nascono dalla pancia (lì vicino c’è anche il fegato) devono poi crescere nella testa dove diventano finalmente più gestibili e aiutano a vivere una vita più ricca e soddisfacente. Una vita con poche emozioni, dove le emozioni vengono represse, perché fanno paura, è spesso una vita povera. Agire concretamente le emozioni senza averle prima in qualche modo pensate, o almeno dette, può essere assai dannoso per noi e per gli altri. Insomma, un fegato sano, che non si mangia da se stesso, esige anche una mente sana e ben funzionante.
Se c’è un conflitto intenso rispetto al cambiamento o a una carica energetica importante, se cioè convivono in conflitto, da una parte il desiderio di esprimersi e/o di cambiare e dall’altra un blocco o una paura che lo impediscono, allora si verifica una situazione di paralisi; il conflitto non può più essere solo pensato, ma si esprime nel e con il corpo: in questo caso il fegato diventa più sensibile e indifeso contro l’eventuale attacco di virus.
 
Secondo la Medicina Tradizionale Cinese se la funzione energetica del fegato è normale si sarà ottimisti e la mente sarà a proprio agio e aperta. Al contrario, se la funzione dell’energia del fegato è anormale, ci saranno anomalie dello stato mentale che potranno manifestarsi con depressione emotiva, infelicità, malinconia, insicurezza e preoccupazione eccessiva.
Le discipline bionaturali aiutano a ripristinare la funzione energetica del fegato.
 
(fonte RO Riflessi di Benessere: dott. Gianpaolo Bonetti, Psicologo – Psicoterapeuta ad indirizzo psicoanalitico)